«Stiamo approfondendo i contenuti della relazione della commissione parlamentare ma già dalla prima lettura appare evidente che si tratta di un documento incompleto, privo di rigore scientifico che porta ad evidenti contraddizioni». Non usa mezze parole l'amministratore delegato della Miteni Antonio Nardone, l'industria chimica del Vicentino al centro del caso Pfas, per commentare la relazione della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti. Una lunghissima relazione, quella della "Ecomafie", che in modo critico ha acceso i riflettori non solo sulla società ma pure sui provvedimenti adottati dalla Regione Veneto.
La spa di Trissino però non ci sta e contrattacca: «Nel documento viene ad esempio contestato a Miteni di non avere fornito i dati personali degli esami dei lavoratori nello studio del professore Giovanni Costa. Il motivo è semplice: la commissione non ha mai chiesto i dati all'azienda e nemmeno l'ha mai convocata. Dati che sono stati sempre forniti alle ULSS locali. Se la commissione li avesse richiesti, secondo le norme previste, li avrebbe ottenuti immediatamente visto peraltro che gli enti preposti già ne sono in possesso».
Nardone (in foto) muove poi un ultimo addebito: «La Commissione prima accusa ripetutamente Miteni di immettere nel torrente Poscola scarichi sopra i limiti, poi riconosce nello stesso documento che i limiti sono rispettati. I limiti di scarico nel Poscola sono infatti assolutamente rispettati e sono addirittura inferiori a quelli previsti per le acque potabili, come gli enti di controllo possono documentare».
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