In queste ore i media veneti hanno riacceso i fanali sulla Spv, dopo la notizia del dossier choc redatto dalla Corte dei conti. Un dossier impietoso che davanti alla magistratura contabile sarà discusso il 21 dicembre a Roma. Nella capitale i ministeri, la Regione Veneto, il Commissario alla Spv, gli enti locali e i comitati potranno dedurre e controdedurre. Nel frattempo si capirà se le 160 pagine vergate da Antonio Mezzera contengano rilievi meritevoli di un vaglio anche da parte della magistratura penale.
Al momento però la politica si deve interrogare sulle condizioni che hanno portato la Spv, almeno per quanto concerne l'iter burocratico, ad essere ciò che è diventata. In parlamento alcuni esponenti del Pd, come la trevigiana Laura Puppato, hanno correttamente avanzato parecchie perplessità sull'operato del commissario e della Regione. Ma Puppato dovrebbe ricordare però che il commissario alla Spv Vernizzi si è potuto spingere tanto avanti perché la sua struttura nel 2012 è stata vergognosamente salvata da un voto inciuciato e trasversale di Lega, Pdl, Fli, Udc e Pd.
In questo scenario, in una sorta di botta e risposta concettuale il senatore Enrico Cappelletti (a destra nel riquadro) aveva per primo, rispetto a Puppato, indirizzato un rovescio verso il campo avversario, quello della maggioranza, ricordando tra le altre che l'iniziativa della magistratura erariale ha preso il via, per l'appunto, grazie ad un esposto del M5S. Ma come hanno fatto rilevare proprio i Cinque Stelle durante una serata sul tema infrastrutturale organizzata ad Adria nel Rodigino, va posta nuovamente con forza, l'intera partita legata al disegno infrastrutturale del Veneto. Se i Cinquestelle ritengono di avere qualcosa di importante da dire in tal senso devono entrare a piedi uniti sulla partita in corso in tema di cda delle società partecipate dalla regione, quelle infrastrutturali in primis.
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